Di seguito una summa delle principali ragioni per cui questo libero Comitato si batte per impedire
la costruzione dell’impianto di pirolisi degli Pneumatici Fuori Uso (PFU) proposto dalla Società
Italiana Energetica Tire (IET):
1) L’impianto è dimensionato per trattare circa 100 tonnellate al giorno di PFU, 24 ore al giorno, 7
giorni su 7, che su base annua – 32.000 Tonnellate – corrisponde al 10% dell’intera produzione
nazionale annua di PFU. Ciò significa, tra l’altro, un transito eccezionale di camion su una strada a
ridosso delle colline che risulta distante parecchi chilometri da arterie di viabilità consone al
traffico di alta frequenza.
2) L’impianto è assolutamente SPERIMENTALE (…e non innovativo come si intende farlo passare) e
pertanto dovrebbe essere ricompreso nelle categorie di attività di cui all’art. 6, comma 13 del D.lgs
152/06, ossia soggetto a vincoli limitativi per accertarne la sicurezza.
3) Il D.lgs 133/2005 in materia di INCENERIMENTO di rifiuti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
163 del 15/ 07/2005 supplemento ordinario n. 122, all’art. 2 specifica quanto segue: impianto di
INCENERIMENTO “qualsiasi unità od attrezzatura fissa o mobile destinata al trattamento termico di
rifiuti ai fini dello smaltimento con o senza recupero di calore dalla combustione. Sono compresi in
questa definizione l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti nonché altri processi di
TRATTAMENTO TERMICO quali la PIROLISI ed il processo al plasma”.
Inoltre, è previsto un abbattimento con filtri a carbone attivo che è una caratteristica tipica degli
INCENERITORI, e le emissioni dell’impianto vengono messe a confronto con quelle limite previste
dalla Direttiva CE relativa agli inceneritori di rifiuti;
4) L’impianto non è in linea con quanto stabilito in sei Direttive Ue, tra cui la 2008/98/CE, che
prevede una drastica riduzione delle emissioni da inceneritori e che entro il 2020 sarà necessario
abbandonare le politiche di “incenerimento” puntando su una raccolta differenziata al 65-70%,
perché se si comparano costi, opportunità di lavoro, impatto ambientale e accettazione della
popolazione, tutto è favorevole alle quattro R “Riduzione, Recupero, Riciclo, Riuso”.
5) L’area di intervento è individuata all’interno del corridoio primario della RER (Corridoio Primario
– RETE ECOLOGICA REGIONALE) – deliberazione n. 8 /10962 del 30/12/2009. All’interno dell’area
RER sono quindi da evitare le trasformazioni che possono compromettere le condizioni esistenti di
naturalità e/o funzionalità ecosistemica (connettività ecologica, produzione di biomasse in habitat
naturali). Tra l’altro la localizzazione prevista ricade nelle adiacenze di due corsi d’acqua (Staffora e
Rile) tutelati in quanto “Corsi d’acqua di rilievo idrobiologico”
6) La Regione Lombardia cerca di distinguersi nel proporre contenuti innovativi per la TUTELA
DELL’AMBIENTE. Infatti con DGR n. 1266 del 24/01/2014 ha approvato le “linee guida per la
componente salute pubblica degli studi di impatto ambientale ” ai sensi dell’art. 12, comma 2 del Regolamento Regionale 21 novembre 2011. Approvare l’impianto entra in contraddizione con
questo orientamento.